L’allenamento si compone di carichi che, esplicandosi in volume
e in intensità, instaurano degli adattamenti funzionali ai vari sistemi
(cardiocircolatorio, polmonare, muscolare, ecc.), sistemi che sono sollecitati al limite
della loro capacità di sforzo.
L'alternanza e la modulazione tra carico, fatica e recupero è tipica dei processi
biologici di adattamento, ed è controllata e realizzata attraverso l’allenamento.
La fatica è un fenomeno fisiologico che necessariamente lo accompagna ed è
contemporaneamente un presupposto indispensabile per l’incremento delle prestazioni
sportive. Infatti, solo la ripetizione di carichi che inducono a fenomeni
d’affaticamento generano quei processi di supercompensazione necessari allo sviluppo
delle capacità dei vari sistemi.
Un corretto programma d’allenamento, da un lato deve produrre
questa reazione d’adattamento, ma dall’altro deve anche valutare che non ci sia
un eccesso di fatica. Per cui fatica (carico) e recupero vanno considerati valori
principali per il controllo dell’allenamento.
Gli effetti
Gli effetti della fatica sono noti a tutti: diminuzione del
rendimento, dolori muscolari crampi, svogliatezza, perdita di motivazione.
Ma le cause che la generano quali sono?.
Un’attuale panoramica degli studi e delle teorie mette in
evidenza due approcci: il primo distingue tra fatica periferica e centrale, l’altro
cerca di provare che questa differenza non esiste, in quanto non vi sarebbero
affaticamenti di natura periferica senza ripercussioni in quella centrale, e quindi
sostiene che questa vada trattata come fenomeno globale.
I tipi di fatica
Come detto, alcuni autori distinguono tra fatica periferica e
centrale, definendo la prima come stanchezza neuromuscolare, la cui causa è attribuita
alla mancata fornitura energetica richiesta dalla muscolatura, mancanza che compromette
l’equilibrio tra i processi metabolici di demolizione e quelli d’assimilazione.
In questo modo si generano dei sintomi i più diagnosticabili dei quali sono:
- un accumulo d’acido lattico
- una diminuzione delle riserve d’ATP a di creatinfosfato
- un abbassamento della concentrazione di potassio
- una riduzione dell’ampiezza della contrazione muscolare
- un aumento del tempo che intercorre tra l’inizio dello sviluppo
della forza e il raggiungimento del valore di tensione richiesto
- tremori muscolari, aumento della frequenza cardiaca.
La fatica centrale è definita come un peggioramento della capacità
di rendimento coordinativo del sistema nervoso centrale, che potrebbe essere causata sia
da una pesante attività muscolare, sia da un elevato carico di lavoro.
Di contro altri autori sostengono che, per lo stretto intreccio tra
i diversi fattori dei processi d’affaticamento muscolare, non è possibile tale
distinzione, ma che si possono differenziare solo gradi diversi d’affaticamento,
distinguendo pertanto tra fatica ed esaurimento (spossatezza) o tra muscolare e psichica,
anche se queste due forme appaiono generalmente combinate e sono indotte in proporzioni
diverse l’una rispetto all’altra.
I fenomeni della fatica generalmente scompaiono entro le 24 ore; quelli
dell’esaurimento solo dopo tre\quattro giorni.
Infine la fatica in alcuni testi è ulteriormente classificata in esaurimento ed eccesso
di carico (super allenamento). Nel primo si raggiunge un accentuato stato
d’affaticamento a breve termine, mentre nel secondo l’equilibrio tra la fatica e
il recupero è alterato per un lungo periodo.
Questa è solo una sintesi delle conoscenze in merito alla fatica
periferica rispetto a quella centrale, ma mettono il luce come tale fenomeno sia ancora
oggetto di ricerca e di discussione.
La fatica nel ciclismo
Per esperienza pratica posso affermare, facendo riferimento al
ciclismo, che le molteplici forme d’allenamento, d’esercitazioni e di carico
possono produrre in percentuale maggiore dei fenomeni di fatica periferica rispetto a
quella centrale in allenamento, mentre in gara ci potrebbe essere un certo equilibrio se
non un aumento della fatica centrale rispetto a quella periferica.
Questo è dovuto dal fatto che durante una competizione spesso si
attenua la forza di volontà o motivazionale.
Quante volte abbiamo assistito nelle corse a tappe alla performance di un corridore che,
indossando la maglia di leader, ha subito una positiva trasformazione nelle prestazioni
espresse ben al di sopra delle sue normali capacità ?
Ma può anche accadere il contrario, e cioè che non si riesca a reclutare un numero
sufficiente d’unità motorie o che non si raggiunga il proprio potenziale
d’azione per deficit motivazionale.
Dovrebbe essere questo un tipo di fatica o di "condizione" poco diffuso tra i
corridori d’alto livello rispetto agli amatori, ma, più frequentemente di quello che
si è portati a credere, non è così.
La fatica periferica nel ciclismo dipende dal genere e dall’intensità dei carichi.
Quelli di intensità massima ( lunghi tempi fuori soglia anaerobica, specialmente in
competizione) portano ad un’improvvisa disfunzione nella trasmissione neuro muscolare
e nella potenza muscolare, sono accompagnati da un rapido svuotamento delle riserve di
creatinfosfato e portano ad un repentino calo della prestazione in tempi piuttosto brevi,
anche se alcuni minuti prima non si avvertivano marcati fenomeni d’affaticamento.
Carichi meno intensi (sotto soglia anaerobica) possono essere
mantenuti per ore in quanto è probabile che la
fatica sia prodotta dallo svuotamento delle
riserve di glicogeno epatico e muscolare.
Gli stadi d’affaticamento
A queste due fasi" normali" di fatica si aggiungono
gradualmente stadi d’affaticamento sempre maggiori, che col procedere, non sono
ricondotti a valori iniziali neppure con un adeguato recupero, innescando così il
sovrallenamento. Sovrallenamento che può essere deleterio nell’ambito della pratica
amatoriale, non solo per gli aspetti prestativi, ma soprattutto per le non rare
difficoltà di convivenza delle esigenze lavorative e familiari con quelle sportive.
Come combattere la fatica
Anche se in realtà non è possibile prevenire l’insorgenza
della fatica è invece sicuramente utile seguire determinate indicazioni per
favorirne lo smaltimento.
- L’allenamento deve essere pianificato e svolto curando la
distribuzione del carico e rispettandone il principio della gradualità e del recupero,
proporzionalmente alla personale condizione atletica.
- Durante le sedute d’allenamento affidatevi, oltre al
cardiofrequenzimetro, alle vostre sensazioni. Quando avvertite eccessiva stanchezza o la
frequenza cardiaca non ne vuol sapere di attestarsi al range prefissato, interrompete
qualsiasi tipo d’esercitazione e improntate un lavoro ad andatura costante, cercando
di evitare qualsiasi forma non tollerante d’affaticamento.
- Durante gli allenamenti e le gare è necessario reintegrare le
perdite d’acqua e minerali.
- Prestare attenzione ai cibi, cercando di rispettare le percentuali e
il calcolo delle calorie dei gruppi degli alimenti assunti in un giorno, comprendenti i
carboidrati, proteine e grassi. Tenendo in considerazione che il consumo dei carboidrati
deve essere aumentato nei giorni che precedono un impegno agonistico, specialmente se
supera le due ore.
- Il defaticamento muscolare svolto in bicicletta con rapporti agili,
dopo un allenamento o una competizione favorisce il recupero generale, come gli esercizi
di stretching che coinvolgono la maggior parte dei gruppi muscolari del corpo prevengono
la possibilità dell’insorgenza di dolori muscolari e delle " gambe dure".
- Per ritardare la fatica o favorire il recupero, talvolta si ricorre
all’integrazione energetica; essa può essere mirata allo scopo, ma solo dietro
consiglio di un medico sportivo che valuterà, se ce ne sarà il riscontro, l’esatto
fabbisogno personale.
|